La Dissezione

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La pratica della dissezione (e della vivisezione) umana è attestata già dal III secolo a.C.nel grande centro culturale e di ricerca dell’Alessandria ellenistica, ad opera della scuola di Erofilo e Erasistrato, ricordati alcuni secoli dopo nel De medicina di Celso. Essa ha luogo sotto il controllo dell’autorità sovrana su corpi di “marginali” come i condannati. Più tardi Tertulliano e Agostino vi opporranno una concezione di barriere religiose forse ereditata dal mondo ebraico[1]. In seguito, la sistematizzazione delle conoscenze anatomiche operata da Galeno nel II secolo d. C. viene utilizzata a scopo conoscitivo e didattico per oltre un millennio. La pratica della dissezione a scopo didattico prima che conoscitivo riprende nel mondo cristiano occidentale a partire dal tardo medioevo, probabilmente preceduta da quella delle autopsie legali. Le istituzioni su cui si appoggia sono stavolta le università, nella temperie culturale resa possibile dalle nuove traduzioni e dalla maggiore circolazione dei testi medici dell’antichità e arabi che facevano dell’anatomia una conoscenza necessaria alla formazione del medico.  Nel 1299  e nel 1303 Bonifacio VIII con la bolla Detestandae feritatis e un successivo decreto commina la scomunica a chi praticain generale  la manipolazione dei cadaveri, con motivazioni più antropologiche (il rispetto dovuto ai corpi defunti) che teologiche (malgrado il dibattito suscitato pochi anni prima all’università di Parigi sulla necessità dell’integrità del corpo per garantire la resurrezione della carne). Nel Rinascimento Andrea Vesalio (1514-1564) riprende i nomi dei medici alessandrini Erofilo e Erasistrato per sostenere la necessità della dissezione nella formazione e nella pratica medica.


Il frontespizio del De humanis corporis fabrica  mostra la concezione di Vesalio della dissezione come esplorazione diretta del corpo umano da parte del medico, anziché l’utilizzo del corpo sezionato da un “taglitore”, il sector, come una sorta di illustrazione di un testo anatomico già scritto e letto ex cathedra dal medico durante la lezione. Vesalio sostiene inoltre la necessità di praticare dissezioni non solo durante le tradizionali, rare sedute pubbliche di insegnamento aperte a tutti gli studenti ma soprattutto e più frequentemente in sedi più ristrette e tra piccoli gruppi.  Il lavoro dei due professori Eustachi e Lancisi negli ospedali romani si inserisce in questo  tipo di approccio agli studi anatomici.



[1]Adriano Prosperi, Prefazione in Andrea Carlino, La fabbrica del corpo, Torino, Einaudi, 1994, pp. IX-XXI, p. XIX.