SANT'APOLLINARE NUOVO

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STORIA

La Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, inizialmente orientata al culto ariano, è costruita adiacente al palazzo di Teodorico per suo volere. Nel VI secolo, con la riconquista bizantina, viene consacrata al culto ortodosso e intitolata a San Martino, vescovo di Tours. Nel IX secolo le reliquie di Sant’Apollinare vengono trasferite dalla Basilica di Classe in questa basilica, per tale motivo è aggiunta la denominazione “nuovo” per distinguerla dall’altra.

DESCRIZIONE

Esternamente la facciata a salienti, in laterizi, è inquadrata da lesene e traforata da una bifora. Attualmente è preceduta da un portico in marmo del XVI secolo a sostituzione dell’originario quadriportico. Sul lato destro troviamo il campanile cilindrico del IX secolo costituito da sette ordini di finestre.

L’interno è suddiviso in tre navate da colonne che sorreggono archi a tutto sesto. Nella navata centrale, larga il doppio delle laterali, è custodita l’imponente sequenza musiva che sintetizza l’evoluzione storica del mosaico parietale bizantino dall’età di Teodorico a quella di Giustiniano. La parte più alta della navata centrale è ricoperta da 26 scene cristologiche, risalenti al periodo teodoriciano, con le scene dei Miracoli e della Passione di Cristo. Tra le finestre è possibile osservare le raffigurazioni a figura intera dei Profeti e dei Santi. La porzione al di sotto delle finestre, con i martiri e le vergini con i magi, fu aggiunta dall’arcivescovo Agnello tra 556/569 d.C. (epoca giustinianea). Le vergini sulla parete sinistra partono da Classe, rappresentata con le mura, i fari e le navi al porto, e si dirigono verso la Vergine in trono con il Bambino che accolgono i doni dei Magi. Sulla parete di destra la processione dei martiri parte da Ravenna, raffigurata con il palazzo di Teodorico, e si dirige verso il Cristo in trono. 

RESTAURI

1517: periodo in cui la chiesa priva del soffitto è soggetta alle intemperie che danneggiano i mosaici. 

XVI sec.: si colmano le lacune con stucco dipingendo, aggiungendo e alterando le figure e i soggetti. 

XIX sec.: i mosaicisti traducono le operazioni del XVI sec. con tessere decidendo quali parti considerare iconograficamente valide.

1838: Ignazio Sarti, direttore dell’Accademia di Belle Arti presenta la proposta di restauro generale dei mosaici con operazioni di pulitura, reintegro delle lacune e loro rinforzo con grappe 

1844-1846 ca.: giunge a Roma Liborio Salandri con l’ordine di staccare la raffigurazione del San Michele per trasferirlo a Berlino. Dati i malumori dell’opinione pubblica si progetta il restauro totale delle decorazioni musive della Basilica. Luigi Bufalini esegue la perizia analitica dei mosaici dividendoli in tre tipologie: caduti, degradati e cadenti. Egli consiglia di rifare ex novo tutte le parti mancanti e sconnesse, e pulire il rimanente.

1853-1861: cade la parte superiore raffigurante i Magi che viene ripristinata ricoprendo l’area di intonaco e reintegrata in pittura da parte di Kibel. Effettua ulteriori restauri su varie zone della chiesa.

1895: Novelli, con l’assistenza di Zampiga, effettua un restauro sperimentale su una porzione di mosaico. L’intervento è realizzato per la prima volta con cemento Porland, per fissare alcune tessere pericolanti, e cemento colorato, per colmare piccole lacune. Inoltre, vengono applicate grappe a vite, raschiata la tinta ad olio e lavate le intere superfici.

1899-1900: Novelli prova il riempimento a cemento, ma nota subito che il suo utilizzo va bene per piccole sollevazioni, ma non per quelle troppo grandi e distaccate, per le quali conviene effettuare la compressione del mosaico, in quanto con il tempo essendo il cemento pesante e rigido potrebbe alterare la struttura e il mosaico.  

12 febbraio 1916:Prima guerra mondiale. Una bomba cade ed esplode nell’angolo sinistro della facciata, causando il crollo di una porzione del sottoportico. Il restauro è eseguito quasi subito, solo una minima parte di mosaico è precipitata, ma vari sono i sollevamenti delle tessere dislocati sulle pareti. Italo Bichi e Guido Mannucci, restauratori del R. Opificio delle Pietre dure di Firenze, sotto direzione di Enrico Marchioni, si occupano di fissare i mosaici, mentre Zampiga ricompone i tratti caduti. Nonostante i metodi moderni prevedono i reintegri in pittura si decide di reintegrare a tessere le parti crollate. La scelta è giustificata dalla presenza della ricca documentazione dei mosaici e dai resti dei mosaici caduti.






Per maggiori approfondimenti:

  • I mosaici di Sant’Apollinare Nuovo, "Geometrie Fluide", sito di divulgazione artistica a carattere didattico realizzato da Alessandra Cocchi, artista e storico dell'arte, insegnante presso il Liceo linguistico di Cesena  
  • Elaborazioni 3D della Basilica ed approfondimenti su storia, planimetria e mosaici, “Os Culture”, libera piattaforma web di archiviazione, organizzazione e pubblicazione di dati e informazioni legate al patrimonio Archeologico e Culturale  
  • Video documentario Basilica di Sant'Apollinare Nuovo, “Grand Tour Project”, canale YouTube che rende disponibili brevi documentari sull’Italia e i suoi luoghi